Articolo Salute Dieta e alimentazione
Educatori alimentari urgentemente cercansi. freccevenerdì 6 settembre 2013      


Nel panorama mondiale le patologie croniche non trasmissibili sono una delle principali cause di morte e disabilità al mondo. I costi umani, sociali e sanitari sono molto alti e destano preoccupazione. I fattori di rischio che concorrono al diffondersi, ormai definito epidemico, di questo gruppo di malattie sono molteplici e in buona parte modificabili attraverso la correzione dei consumi alimentari e dello stile di vita. Fin dal 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), all’atto della propria costituzione, ha definito la salute come "condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale dell’individuo, da non intendersi solo nei termini riduttivi di mera assenza di malattie o infermità".

L’accesso a una alimentazione adeguata è uno dei diritti inalienabili affermati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. L’articolo 25 recita: "ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione (...) alle cure mediche e ai servizi sociali necessari (…). La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza". Una corretta alimentazione è un bisogno primario a cui l’uomo non può sottrarsi per conseguire e mantenere uno stato di buona salute.

Il comportamento alimentare può considerarsi un sistema complesso di regolazione omeostatica dell’apporto energetico, dipendente da fattori interni ed esterni all’individuo. Attraverso i consumi alimentari, inoltre, esprimiamo la nostra personalità e cultura di appartenenza. Il cibo non è solo una necessità biologica, ma anche una metafora rivelatrice di identità economica, sociale e culturale. Frutto di conoscenze scientifiche, nonché di acquisizioni storiche e sociali proprie del territorio, le scelte alimentari disegnano complesse e variegate geografie dell’alimentazione.

In contrapposizione ai modelli tradizionali di produzione e consumo degli alimenti strettamente influenzati dalle caratteristiche del territorio, oggigiorno si osserva una sempre crescente globalizzazione dei comportamenti alimentari che, nei paesi industrializzati, si accompagna a un forte aumento di patologie quali obesità, arteriosclerosi, diabete e ipertensione. In Italia, l’attuale tendenza è quella di aumentare considerevolmente i consumi di carne, di grassi diversi dal tradizionale olio d’oliva, di bevande ricche di zuccheri e di dolci.

In questo modo si ha un aumento dell’apporto calorico giornaliero, compatibile forse con uno stile di vita attivo come quello del contadino mediterraneo della tradizione, ma certamente eccessivo rispetto alle abitudini sedentarie di uno studente o di un impiegato delle nostre realtà cittadine. Il terreno in cui nascono e si vanno a moltiplicare diabete, incidenti cardiovascolari e tumori è il nostro ambiente sociale. Lo conosciamo bene. Assistiamo a rapidi cambiamenti nel tessuto familiare e lavorativo. Registriamo modifiche nei modelli di produzione e consumo alimentare. Viviamo in città poco o affatto a misura d'uomo, figuriamoci di bambino, in cui gli elementi socialmente più fragili sul piano economico e culturale sono penalizzati con profonde ricadute sulla qualità del loro vivere.

Diviene prioritaria la necessità di aiutare la collettività a riappropriarsi del piacere della tavola e della cultura dell'alimentazione e offrire corrette nozioni sul ruolo della nutrizione evitando che sia la grande industria e la pubblicità a somministrare indicazioni relative al ruolo degli alimenti. Tuttavia, ogni intervento che incida unicamente sulla modifica dello stile alimentare non può essere risolutivo dei problemi sanitari legati alla malnutrizione per eccesso se, di pari passo, non si incentivano stili di vita più attivi. Si tratta quindi, congiuntamente, di far comprendere a cittadini e istituzioni come lo squilibrio energetico che porta all’obesità sia dovuto anche alla forte diminuzione della spesa energetica, determinata prevalentemente dalla scarsa attività fisica.

Già Ippocrate osservava che “se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in eccesso né in difetto, avremmo trovato la strada per la salute”. Lo stile di vita delle società tecnologicamente avanzate è caratterizzato da un progressivo aumento della sedentarietà dovuto all’utilizzo di mezzi di trasporto veloci, ascensori, scale mobili e macchinari. Lo sforzo fisico e il movimento sono sempre più contenuti, la spesa energetica giornaliera del nostro organismo continua a ridursi avvicinandosi sempre più al solo metabolismo basale, mentre i consumi alimentari restano quasi invariati o aumentano. Il risultato di questa tendenza è particolarmente rischioso per la salute.

Parlare di educazione alimentare diviene in questo contesto di fondamentale utilità sociale. L'obiettivo è quello di formare individui consapevoli del proprio stato di salute e in grado di mantenerlo. Il fine è quello di tutelare la popolazione fornendogli strumenti e conoscenze per relazionarsi in modo critico con l'industria alimentare e con quella della salute. In grado di sapersi muovere nell'oceano di stimoli e pressioni del mercato. Tutti siamo coinvolti in questo processo. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA
Dott.ssa
Luana  Vignoli - vedi tutti gli articoli di Luana  Vignoli
Dietista


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Nel panorama mondiale le patologie croniche non trasmissibili sono una delle principali cause di morte e disabilità al mondo. I costi umani, sociali e sanitari sono molto alti e destano preoccupazione. I fattori di rischio che concorrono al diffondersi, ormai definito epidemico, di questo gruppo di malattie sono molteplici e in buona parte modificabili attraverso la correzione dei consumi alimentari e dello stile di vita. Fin dal 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), all’atto della propria costituzione, ha definito la salute come "condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale dell’individuo, da non intendersi solo nei termini riduttivi di mera assenza di malattie o infermità".

L’accesso a una alimentazione adeguata è uno dei diritti inalienabili affermati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. L’articolo 25 recita: "ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione (...) alle cure mediche e ai servizi sociali necessari (…). La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza". Una corretta alimentazione è un bisogno primario a cui l’uomo non può sottrarsi per conseguire e mantenere uno stato di buona salute.

Il comportamento alimentare può considerarsi un sistema complesso di regolazione omeostatica dell’apporto energetico, dipendente da fattori interni ed esterni all’individuo. Attraverso i consumi alimentari, inoltre, esprimiamo la nostra personalità e cultura di appartenenza. Il cibo non è solo una necessità biologica, ma anche una metafora rivelatrice di identità economica, sociale e culturale. Frutto di conoscenze scientifiche, nonché di acquisizioni storiche e sociali proprie del territorio, le scelte alimentari disegnano complesse e variegate geografie dell’alimentazione.

In contrapposizione ai modelli tradizionali di produzione e consumo degli alimenti strettamente influenzati dalle caratteristiche del territorio, oggigiorno si osserva una sempre crescente globalizzazione dei comportamenti alimentari che, nei paesi industrializzati, si accompagna a un forte aumento di patologie quali obesità, arteriosclerosi, diabete e ipertensione. In Italia, l’attuale tendenza è quella di aumentare considerevolmente i consumi di carne, di grassi diversi dal tradizionale olio d’oliva, di bevande ricche di zuccheri e di dolci.

In questo modo si ha un aumento dell’apporto calorico giornaliero, compatibile forse con uno stile di vita attivo come quello del contadino mediterraneo della tradizione, ma certamente eccessivo rispetto alle abitudini sedentarie di uno studente o di un impiegato delle nostre realtà cittadine. Il terreno in cui nascono e si vanno a moltiplicare diabete, incidenti cardiovascolari e tumori è il nostro ambiente sociale. Lo conosciamo bene. Assistiamo a rapidi cambiamenti nel tessuto familiare e lavorativo. Registriamo modifiche nei modelli di produzione e consumo alimentare. Viviamo in città poco o affatto a misura d'uomo, figuriamoci di bambino, in cui gli elementi socialmente più fragili sul piano economico e culturale sono penalizzati con profonde ricadute sulla qualità del loro vivere.

Diviene prioritaria la necessità di aiutare la collettività a riappropriarsi del piacere della tavola e della cultura dell'alimentazione e offrire corrette nozioni sul ruolo della nutrizione evitando che sia la grande industria e la pubblicità a somministrare indicazioni relative al ruolo degli alimenti. Tuttavia, ogni intervento che incida unicamente sulla modifica dello stile alimentare non può essere risolutivo dei problemi sanitari legati alla malnutrizione per eccesso se, di pari passo, non si incentivano stili di vita più attivi. Si tratta quindi, congiuntamente, di far comprendere a cittadini e istituzioni come lo squilibrio energetico che porta all’obesità sia dovuto anche alla forte diminuzione della spesa energetica, determinata prevalentemente dalla scarsa attività fisica.

Già Ippocrate osservava che “se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in eccesso né in difetto, avremmo trovato la strada per la salute”. Lo stile di vita delle società tecnologicamente avanzate è caratterizzato da un progressivo aumento della sedentarietà dovuto all’utilizzo di mezzi di trasporto veloci, ascensori, scale mobili e macchinari. Lo sforzo fisico e il movimento sono sempre più contenuti, la spesa energetica giornaliera del nostro organismo continua a ridursi avvicinandosi sempre più al solo metabolismo basale, mentre i consumi alimentari restano quasi invariati o aumentano. Il risultato di questa tendenza è particolarmente rischioso per la salute.

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